Quando la propria attività consiste nel tendere una mano agli altri, nel cercare di migliorare le condizioni di vita di quanti versano in situazioni di difficoltà, non può parlarsi di semplice lavoro. C’è una netta differenza tra la legittima necessità di provvedere al sostentamento e la determinazione a far sì che il proprio incarico occupazionale abbia una dimensione più ampia di quella personale, finendo per abbracciare anche il benessere altrui. In quest’ultimo caso, si può correttamente parlare di lavoro nel sociale, intendendosi come tale l’insieme delle professioni che si snodano lungo il sentiero dell’impegno verso il prossimo. In questo campo, volontà e altruismo sono indispensabili, ma occorre anche altro. Fondamentale è la professionalità, elemento imprescindibile per far sì che i servizi dedicati a chi ha bisogno d’aiuto siano all’altezza delle esigenze da soddisfare. 

Questo non vuol dire però che sia in ogni caso indispensabile ottenere una laurea. La formazione è il tratto comune a tutte le figure lavorative impegnate nel sociale, ma essa non si traduce automaticamente nel conseguimento di un titolo accademico. 

Le professioni più richieste nel sociale

A confermare quanto appena detto, può essere utile elencare le professioni che più di frequente risultano indispensabili nell’aiuto al prossimo. Come vedremo a breve, alcune – ma non tutte – richiedono tassativamente la laurea. Nello specifico si possono menzionare questi profili:

  1. Assistente sociale: una figura molto richiesta, poiché dotata di quelle competenze indispensabili per aiutare chi versa in una situazione di disagio sia in ambito familiare che in ogni altro contesto umano. Per chi ha intenzione di abbracciare questa carriera è necessario il conseguimento della laurea magistrale in “Servizio Sociale e politiche sociali” e conseguente abilitazione professionale, che dà diritto all’iscrizione all’albo;
  2. Educatore professionale: difficile ridurre questo ruolo a un’unica e specifica mansione, essendo varie le possibilità di sbocchi professionali. Esistono infatti educatori professionali impegnati nell’ambito socio – pedagogico, così come altri dediti al sostegno socio – sanitario. Qualunque sia il percorso che si intende seguire, è bene sapere che esso richiede il conseguimento della laurea in Scienze dell’educazione e della formazione. Discorso diverso per chi non vanta il titolo accademico ma un diploma magistrale ottenuto prima dell’anno scolastico 2001/2002, con il quale già presta servizio come educatore professionale. In tal caso, sarà richiesta l’iscrizione a un corso professionale di educazione professionale che permetterà di ottenere 60 CFU;
  3. Psicologo: forte di una laurea in psicologia, questo profilo professionale garantisce un apprezzabile sostegno psicologico a chi affronta momenti particolarmente delicati. L’importanza dello psicologo quale attore del sociale è pienamente apprezzabile nelle strutture ospedaliere, ove – grazie alle proprie capacità – rappresenta un supporto per i malati oncologici, per vittime di incidenti, per chi deve subire interventi delicati, nonché per i rispettivi parenti. Senza poi dimenticare che questo professionista è divenuto ancor più indispensabile come ausilio a chi ha dovuto subire gli effetti devastanti della pandemia da CoViD-19;
  4. Operatore di assistenza educativa ai disabili (OAD, ex OSA): risponde a pieno alle esigenze che caratterizzano chi si rivolge agli operatori sociali. Questa figura risulta indispensabile specificamente perché offre un ausilio sia di carattere che fisico che psicologico. Questo operatore sta vicino tanto agli anziani, che spesso necessitano di un sostegno per l’espletamento delle normali attività quotidiane, quanto agli adulti portatori di handicap. Senza tuttavia dimenticare i bambini con ritardi, i quali possono contare sul supporto di un simile professionista, divenuto tale grazie alla qualifica mediante la frequentazione di un corso apposito;
  5. Mediatore culturale: si tratta di un profilo determinante per favorire l’integrazione tra popoli. L’immigrazione ha fatto sì che numerose persone venissero a contatto con una cultura a loro prima sconosciuta. Per far sì che l’esperienza non sia traumatica, per agevolare il processo di inserimento nel tessuto sociale, ecco che il mediatore culturale gioca un ruolo fondamentale. Per fare carriera in questo campo non è richiesta alcuna laurea, ma soltanto un qualsivoglia diploma di maturità. Opportuno è però seguire un corso all’uopo strutturato, spesso indetto gratuitamente dagli enti regionali.

Prospettive di guadagno

A riguardo bisogna fare chiarezza circa uno degli equivoci più frequenti: il lavoro nel sociale non viene svolto gratis. Il malinteso sorge quando esso viene confuso con il volontariato. Attività, quest’ultima, che è sì svolta a titolo gratuito sia da chi ha le competenze idonee a questo settore sia da chi, a prescindere dalle proprie abilità, voglia dare una mano agli altri. Per esempio, chiunque può fare qualche commissione per una signora anziana, senza che ciò gli sia impedito dalla mancanza di una laurea spendibile nel sociale.

Chiarito l’equivoco, resta da chiedersi – molto legittimamente – quanto sia remunerativo lavorare in quest’ambito. Molto dipende dall’indirizzo scelto (uno psicologo può ambire di sicuro a guadagni più alti), ma in generale si può dire che un lavoratore alle prime armi impegnato nel sociale può portare a casa tra i 14 mila e i 20 mila euro annui, con picchi di 30 – 35 mila allorché l’esperienza consenta loro di ambire a ruoli dirigenziali all’interno degli enti di competenza.

Lavorare nel sociale con Formis

Tanto il diplomato quanto il laureato intenzionati a lavorare per aiutare il prossimo possono trovare in Formis un valido alleato. Ciò grazie ai vari corsi, diplomi e master che l’istituto mette a disposizione. Tra quelli che più possono interessare i futuri operatori sociali, si segna il corso per OSS e per OAD (ex OSA). A esso si aggiunge il diploma di perfezionamento in “Didattica, funzione del docente e inclusione sociale degli alunni con bisogni educativi speciali”, che garantisce l’acquisizione di 60 CFU.

Degno di suscitare interesse è altresì il master universitario di I livello dal titolo “Metodologie didattiche per l’inclusione scolastica degli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento”, al compimento del quale vengono attribuiti 60 CFU. Insomma, esistono tutti i mezzi didattici per tramutare in realtà la voglia di fare qualcosa di buono per il prossimo. Occorre soltanto rimboccarsi le maniche e avere tanta buona volontà.